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Oneryildiz c. Turchia

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Sussiste violazione dell’art. 2 sotto il profilo sostanziale, qualora le autorità nazionali non abbiano adottato le misure necessarie finalizzate ad evitare i rischi connessi al malfunzionamento di una discarica.

Sussiste violazione dell’art. 2 sotto il profilo procedurale, qualora le autorità domestiche non abbiano intrapreso alcuna indagine allo scopo di individuare i soggetti responsabili del decesso di numerosi individui nell’esplosione in una discarica.

Sussiste violazione dell’art. 1 Prot. n. 1, qualora le autorità locali non abbiano adottato misure concrete finalizzate alla tutela della proprietà, a maggior ragione qualora sussista un nesso causale tra le misure in questione e la possibilità per l’individuo di godere dei suoi beni.

 

Fatto:

Il caso trae origine da un ricorso presentato contro la Turchia da un cittadino turco, il sig. Öneryildiz.

All’epoca dei fatti questi viveva, con dodici parenti, nel quartiere popolare di Kazım Karabekir in Ümraniye, un distretto di Istanbul.

Tale area faceva parte di una zona residenziale costruita, senza autorizzazione, nei pressi di una discarica utilizzata, a seguito di concessione e sotto la responsabilità del Comune di Istanbul, da quattro comuni, a partire dal 1970.

Nel 1991 le autorità di Ümraniye si rivolgevano a degli esperti affinché delineassero un quadro dettagliato della situazione della zona in questione, con particolare riferimento al funzionamento della discarica. Il documento redatto rilevava che questa non possedeva i requisiti tecnici  prescritti dalle leggi locali e rappresentava un pericolo per la salute e la sicurezza degli abitanti della zona.

Nonostante le risultanze dello studio, nessuna misura veniva adottata al riguardo.

Nel 1993 un’esplosione dovuta al metano prodotto dai rifiuti in decomposizione coinvolgeva numerose case del quartiere provocando la morte di trentanove persone, tra le quali nove parenti del ricorrente.

Venivano intraprese indagini penali ed amministrative contro le autorità locali, al termine delle quali i sindaci di Umraniye e di Istanbul venivano rinviati a giudizio, rispettivamente, il primo per non aver disposto l’abbattimento delle abitazioni costruite abusivamente nei pressi della discarica, il secondo per non aver adottato le misure idonee finalizzate alla chiusura o al rinnovamento della discarica e per non aver dato l’ordine di abbattere le abitazioni situate nella zona circostante.

Nell’aprile del 1996 venivano entrambi condannati a tre mesi di reclusione e al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 160.000 lire turche. La pena detentiva veniva convertita in una multa di 610.000 lire, la cui esecuzione veniva però sospesa.

Di conseguenza, il ricorrente adiva la Corte Amministrativa di Istanbul che riconosceva il diritto dello stesso al risarcimento di una somma pari a 100.000.000 di lire a titolo di danno non patrimoniale e a 10.000.000 di lire a titolo di danno patrimoniale.

Tale somma non veniva pagata al ricorrente, il quale, pertanto, adiva la Corte di Strasburgo lamentando la violazione degli art. 2, 6 par. 1, 8, 13 e 1 Prot. n. 1 Cedu.

Sulla ricevibilità:

Il ricorso veniva assegnato alla Prima sezione della Corte, all’interno della quale una Camera composta da sette giudici dichiarava lo stesso ammissibile solo per quanto concerne il secondo ricorrente. Questi agiva per conto proprio, della moglie, della concubina e dei suoi figli.

Nel settembre 2002, il Governo Turco chiedeva che il caso fosse rinviato dinanzi alla Grande Camera, che nel novembre dello stesso anno accoglieva la domanda.

Diritto:

Articolo 2 – Diritto alla vita

Il ricorrente ritiene che la morte dei suoi parenti, nonché i vizi inerenti ai procedimenti instaurati, abbiano determinato una violazione del diritto alla vita protetto dall’art. 2 Cedu.

La Corte ritiene, in primo luogo, che sussista violazione della suddetta norma sotto il profilo sostanziale.

Rileva, infatti, che le autorità nazionali, nonostante nel report datato 7 Maggio 1991 fossero stati chiaramente denunciati i rischi di una possibile esplosione all’interno della discarica, non abbiano adottato alcuna misura finalizzata, da un lato ad informare gli abitanti del quartiere di tale pericolo, dall’altro, ad evitare i rischi connessi al malfunzionamento della discarica.

Anzi, sottolinea la Corte, le autorità nazionali si sono addirittura opposte alla raccomandazione del Ministro dell’ambiente di adottare misure urgenti volte a tutelare la vita degli abitanti del quartiere di Kazım Karabekir e alla richiesta del sindaco di Ümraniye finalizzata ad ottenere la chiusura temporanea  della discarica.

A ciò si aggiunge la circostanza che, nonostante le abitazioni siano state costruite abusivamente, il ricorrente e i suoi familiari, così come tutti gli altri abitanti del quartiere,  abbiano vissuto in tali immobili indisturbati per anni e addirittura le autorità locali abbiano imposto loro tasse e fornito sevizi pubblici.

La Corte ritiene, poi, sussista violazione dell’art. 2 anche sotto il profilo procedurale, in quanto del tutto inadeguate sono state le indagini finalizzate alla individuazione dei soggetti responsabili dell’esplosione che ha cagionato la morte di numerose persone.

Sebbene, infatti, il procedimento penale attivato abbia rilevato la responsabilità delle autorità locali sotto il profilo dell’art. 230 del codice penale turco concernente “la negligenza nell’esecuzione dei propri doveri”, alcuna indagine è stata portata avanti allo scopo di individuare i soggetti responsabili della morte di 39 persone.

 

Articolo 1 Protocollo n. 1 – Protezione della proprietà

Il ricorrente lamenta, poi, la violazione del diritto sancito nell’art. 1 Prot. n. 1 Cedu.

La Corte, al riguardo, ribadisce il principio generale (Bielectric SrL c/ Italia, n. 36811/97) secondo cui l’effettivo esercizio del diritto sancito dalla norma non dipende solo dal dovere di uno Stato di non interferire nel godimento dello stesso, ma richiede anche l’adozione da parte delle autorità a ciò preposte di misure concrete finalizzate alla tutela della proprietà, a maggior ragione qualora sussista un nesso causale tra le misure in questione e la possibilità per l’individuo di godere dei suoi beni.

Nel caso concreto, proseguono i Giudici europei, non vi è dubbio che il nesso causale sussistente tra la negligenza delle autorità locali e la perdita di vite umane sia connesso anche all’esplosione dell’abitazione del ricorrente.

La violazione sta dunque nel non aver adottato alcuna misura finalizzata a tutelare il bene protetto nell’art. 1 Prot. n. 1. Né può essere accolta l’argomentazione del Governo secondo cui il ricorrente avrebbe perso lo status di vittima di una violazione, in quanto avrebbe ricevuto un adeguato risarcimento e acquistato un’altra casa a condizioni molto vantaggiose.

La Corte ritiene infatti che, sebbene quest’ultima condizione in un certo senso abbia posto rimedio agli effetti dell’omissione, non possa comunque essere considerata un’equa riparazione per il danno subito e non determina, pertanto, la perdita dello status di “vittima” ai sensi della Convenzione.

Del resto, rileva la Corte, in nessun documento ufficiale emerge il riconoscimento da parte delle autorità locali della violazione.

Quanto al risarcimento, sottolinea che alcuna somma è stata pagata al ricorrente, sebbene esista una sentenza passata in giudicato.

Pertanto, sulla scorta di tali argomentazioni, i Giudici europei ritengono che le autorità turche abbiano violato l’art. 1 Prot. n. 1 Cedu.

 

Articolo 13 – Diritto a un ricorso effettivo

Quanto al diritto ad un ricorso effettivo, la Corte ritiene che sussista violazione dell’art. 13  in combinato disposto con l’art. 2.

Ciò perché le vie di ricorso offerte dall’ordinamento interno non hanno rappresentato, nel caso di specie, un effettivo rimedio esperibile dal ricorrente allo scopo di ottenere tutela per il decesso dei suo parenti a causa dell’incendio. Il procedimento amministrativo si è protratto, infatti, per 5 anni, 11 mesi e 10 giorni e ha portato ad una condanna delle autorità domestiche che non è mai stata eseguita.

I Giudici europei ritengono, inoltre, che sussista violazione dell’art. 13 anche in relazione all’art. 1 Prot. n. 1, in quanto la somma riconosciuta al ricorrente a titolo di danno non patrimoniale non è mai stata pagata allo stesso.

 

Sulla violazione dell’art. 6 – Diritto a un equo processo

La Corte ritiene di non dover esaminare il ricorso sotto il profilo dell’art. 6, avendo già riscontrato una violazione dell’art. 13 in combinato  disposto con l’art. 1 Prot. n. 1.

 

Sulla violazione dell’art. 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare

La Corte ritiene di non dover esaminare il ricorso sotto il profilo dell’art. 6, trattandosi di aspetti già esaminati ai sensi degli artt. 2 e 1 Prot. n. 1.

 

Il Giudice Turmen concorda con la maggioranza circa la violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo sostanziale, ma ritiene di dover elaborare separatamente la propria opinione per quanto concerne la violazione dell’art. 2 sotto il profilo procedurale e per quanto riguarda la violazione degli artt. 13  e 1 Prot. n. 1.

Quanto all’art. 2, questi ritiene infatti che alla base della decisione della Corte vi sia una contraddizione di fondo, in quanto la maggior parte dei Giudici, da un lato ha statuito che le decisioni delle Corti locali abbiano violato la Convenzione, pur basandosi su indagini ritenute corrette dagli stessi Giudici, dall’altro non ha considerato il fatto che la morte di 9 persone sia stata causata dalla negligenze sia delle autorità domestiche che del ricorrente stesso, che ha deciso di dimorare senza autorizzazione in una zona altamente pericolosa.

In relazione all’art. 13, ritiene che, sebbene il procedimento si sia protratto oltre cinque anni, non vi siano stati dei periodi di inattività ascrivibili alle autorità nazionali, che abbiano causato la violazione dell’articolo in questione.

In relazione all’art. 41 ritiene infine che la Corte non avrebbe dovuto, nel calcolare l’ammontare del risarcimento, porre sul medesimo piano moglie e concubina.

Quanto all’art. 1 Prot. n. 1, accoglie in pieno le argomentazione del Giudice Mularoni in seguito riportate.

 

 

Il Giudice Mularoni concorda con la maggioranza per quanto concerne la violazione dell’art. 2, sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo procedurale.

Ritiene, però, che nel caso di specie non trovi applicazione l’art. 1 Prot. n. 1, in quanto non è invocabile la nozione di proprietà elaborata dalla Corte nella sua giurisprudenza. Il ricorrente infatti non ha potuto dimostrare in alcun modo di essere titolare di un diritto di proprietà sul terreno in questione, né il criterio della tolleranza da parte delle autorità nazionali, adottato  dalla maggioranza, è condivisibile.

Afferma inoltre che, seppur avesse ritenuto invocabile l’art. 1 Prot. n. 1, il ricorrente non avrebbe comunque rivestito i requisiti di “vittima” ai sensi della Convenzione.

Ritiene infine che non sia necessario esaminare il ricorso sotto il profilo dell’art. 13, essendo già stata riscontrata una violazione dell’art. 2 sotto l’aspetto procedurale.

Equa soddisfazione:

La Corte riconosce al ricorrente, nonostante non abbia fornito indicazioni in merito al valore dell’abitazione,  la somma di USD 2.000 ed € 45.250 a titolo di risarcimento del  danno patrimoniale e non patrimoniale ed € 16.000 per costi e spese processuali, da cui sottrarre € 3.993,84 ricevuti dal Consiglio d’Europa.

Riconosce inoltre a ciascuno dei figli € 33.750 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.

 


I Giudici europei, con la sentenza in esame, ribadiscono il principio secondo cui le autorità nazionali sono tenute, ex art. 2 Cedu, ad adottare misure finalizzate a tutelare il diritto alla vita. Tali misure devono concretizzarsi anche nell’emanazione di un quadro legislativo ed amministrativo volto a proteggere la vita degli individui da qualunque genere di minaccia (Ilhan c/ Turchia, n. 22277/93; Kilic c/ Turchia, n. 22492/93). Tale obbligo dello Stato si fa più forte nel contesto di attività pericolose e si concretizza anche nel dovere di fornire ai cittadini una corretta informazione.

Ulteriore obbligo derivante dalla norma in questione consiste nel dovere di garantire, nel rispetto del quadro legislativo e amministrativo adottato, la repressione e la punizione delle violazioni delle leggi vigenti nell’ordinamento interno (Osman c/ UK, n. 23452/94).

La Corte ribadisce, poi, in relazione all’art. 1 Prot. n. 1, il principio generale secondo cui l’effettivo esercizio del diritto sancito dalla norma non dipenda solo dal dovere di uno Stato di non interferire nel godimento dello stesso, ma richiede anche l’adozione da parte delle autorità a ciò preposte di misure concrete finalizzate alla tutela della proprietà (Bielectric SrL c/ Italia, n. 36811/97).


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